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- In memoria di Stefano Balbarini -
- (9 febbraio 1974 - 13 Luglio 2018) -

Per noi hai creato un mondo dove esprimerci,
ed ora, lo riporto alla luce in tuo onore.

La Spezia By Night

Cogito Ergo Sum

Racconti

racconti presi a casaccio nel web
25/05/2005 23:12:32
Angelo Gattoronchieri
25/05/2005 23:12:32
Racconti
Qui di seguito vi riporter? dei racconti presi a casaccio in vari siti web...

Spero che l'argomento vi aggradi.
Se volete discutere dei racconti andate nell'argomento:"Dicussioni sui Racconti" oppre cliccate qui!

Titolo:Angeli
Autore:MalkContent(nickname)

Quella sera la locanda era vuota. L’odore della birra era appena percettibile e la cucina non era nemmeno attiva. Nessun invitante odore di spezie e di carne arrosto si spandeva nell’aria e l’unico rumore che insistentemente rompeva in silenzio era il sommesso sussurro della pioggia e l’urlo del vento che frustava violentemente i rami degli alberi che ombreggiavano il tetto dell’edificio. Non avevo mai visto tanta violenza scatenarsi in una sola tempesta… la pura potenza della natura conflagrava in assordanti tuoni attorno a quel piccolo nido di luce e calore, quasi volesse inghiottirlo nel suo vortice di distruzione. No…nessuno si sarebbe gettato in quel finimondo per venire a bere con gli amici in una notte in cui la maligna furia degli elementi creava nei cuori e nelle anime degli umili popolani quell’insopprimibile sensazione che il tempo fosse congelato dai lampi che squarciavano dolorosamente il cielo facendone sgorgare pesanti gocce plumbee come sangue da una ferita.
Eppure, mentre ormai mi rassegnavo a riporre i boccali sotto il bancone provato dall’uso e segnato da anni d'allegre bevute in compagnia, qualcuno buss? alla porta. Pochi, discreti e ravvicinati colpi ad un uscio avvezzo a ben altro trattamento.
Chi poteva mai gettarsi impavido in tale sconvolgimento naturale???
Sospettosa, aprii l’uscio…e mi trovai di fronte l’essere pi? inusuale che avessi mai visto.
Bello da spezzare il cuore.
Il suo sguardo ardente mi penetr? nell’anima come un marchio rovente, viola come il peccato e dorato come la luce del paradiso. Occhi come gemme, profondamente incastonati sotto scurissime ciglia in un volto d’un pallore cereo, ma luminoso come la prima stella del mattino. Occhi colmi d’una sofferenza che strideva con quell’aspetto d’angelo decaduto, occhi che avevano visto scorrere pi? tormentate ere di quante avessero voluto. Argentei capelli, uniti in ciocche dalla pioggia, sfuggivano dalla coda in cui erano stretti, lucenti e lunghi fino alla vita, incorniciando il suo volto d’avorio.
Era un bardo. Un cantore di strada, nemmeno troppo famoso, a giudicare dal nero mantello logoro che lo riparava a malapena dal gelo della notte e dalla camicia d’un bianco slavato aperta sul collo… o era opaca solo poich? non reggeva il contrasto con la sua pelle d’opale?
Lo feci sedere e gli offrii una cena calda. Non volli nulla in cambio. Ed egli mi ringrazi? cos?.
“Ti racconter? una storia…una storia che non canto mai nelle piazze e fra la gente. ? una storia triste..ma ? solo una storia..o forse no..”
Presi posto accanto a lui, mentre con dita agili accordava il suo strumento, la pi? bella arpa che avessi mai visto. Mi chiesi come avesse mai potuto permettersi uno strumento di tal pregio: la musica che ne scaturiva aveva voce propria e sussurrava segreti che solo quel giovane pareva essere in grado di comprendere fino in fondo. Ne sfior? le corde, strappando una dolcissima melodia all’insolito silenzio calato nella notte. Anche la tempesta pareva essersi quietata, ascoltando quella vibrante emozione, sottile e malinconica come il pianto d’un usignolo morente. Quando parl?, la sua voce parve ricalcare di nuovo quell’oscura melodia, mentre quegli inquietanti occhi d’ametista parvero distaccarsi dalla realt? per tuffarsi in un doloroso e misterioso passato…
“Fu il primo. Il pi? bello, il pi? potente e splendido angelo che mai fu creato e mai lo sar? in futuro. In segno d’assoluto favore, ebbe in dono dodici ali, candide e luminose…Quando nacque l’universo era l? e per primo vide la luce, con la gioia di chi non ha conosciuto altro che tenebra, Amava il suo creatore pi? della vita stessa ed altro non desiderava che esserne amato. Nacque dall’essenza stessa della luce, era l’essere pi? vicino all’Unico in assoluto. Fu l’incarnazione dello spirito del creato; non conosceva rabbia, invidia, odio. Era un essere perfetto, incontaminato come l’universo che lentamente prendeva forma davanti ai suoi innocenti e meravigliosi occhi. Non era n? maschio n? femmina, poich? non era suo destino creare o procreare.”
“Parlate di Lucifer, vero? Narrate della sua caduta?”
Il giovane sorrise, obliquamente: “ E chi sono io, per cantar delle trascorse ere, quand’ancora la polvere non aveva parola n? intelletto? Questa non ? che una storia, amica mia. Una storia dove poesia e realt? formano un intreccio dai colori soffusi ed evanescenti. Nient’altro che una storia.”
Il giovane si sofferm? un momento, aumentandoli ritmo della melodia, quasi lasciasse parlare a loro volta le corde dello strumento. Poi, con un tono diverso, colmo d’una rinnovata fierezza, prosegu?.
“Ed il sesto giorno, l’uomo fu creato, e per Lucifer, se ? con questo nome che identifichi tale creatura, nulla fu pi? come prima…Per amore di chi l’aveva creato, giur? fedelt? all’uomo assieme agli altri alati e se ne vide messo da parte…dimenticato.”
Le musica prese un crescendo atroce, mentre il giovane con quegli splendidi occhi cos? lontani e tormentati continuava.
“Per la prima volta conobbe l’oscurit?. La rabbia e la sofferenza dell’abbandono non gli davano alcuna tregua e non v’era essere che comprendesse il suo appello. Non era mai stato come gli altri angeli, generati dal fuoco: era nato, come primo essere, dall’essenza stessa di chi gli aveva dato corpo.Nessuno avrebbe compreso i suoi sentimenti, se non il suo stesso creatore. Per Lucifer, i cieli si fecero tristi e solitari. Smise di cantare, lui che aveva amato la rovente musica del tramonto e la dolce melodia dell’alba. Prese a fuggire la luce, e le tenebre strinsero il suo cuore in una dolorosa e maligna tela di ragno. Aveva perso la sua musica…la sua gioia… Ben presto quell’oscurit? si fece strada nel suo cuore, agitandosi nella sua anima come una creatura marina, prigioniera d’abissi remoti, che cercasse di tornare alla superficie. Fu questo a spingerlo a violare ogni legge… forse per vendetta… o forse poich? non era pi? davvero in grado contenere quelle emozioni che minacciavano di spaccarlo in due.”
Il giovane s’interruppe, mentre le sue agili dita strappavano di nuovo di nuovo alla notte quello straziante lamento che continu? a vibrarmi nell’anima a lungo… quello strumento…Il giovane lo accarezzava come se si trattasse d’una donna amata, perduta e ritrovata.
“E fu la caduta, vero? Lucifer si ribell? e fu precipitato sulla terra assieme ai suoi seguaci…”
Il giovane sollev? lo sguardo e quelle splendide gemme d’ametista mi trafissero come una lancia di fuoco, mentre le labbra, d’una perfezione impossibile, assunsero una piega aspra e contrariata. Poi s’addolc? nuovamente e il suo volto d’opale si rilass? in un’espressione condiscendente.
“Anche l’uomo era solo…ed il creatore gli concesse un dono: una donna, l’essere pi? bello e dolce che mai calc? le dorate sabbie dell’Eden. Lucifer la am?, fin dal primo istante, ma a quell’angelo dalle dodici splendenti ali, che gi? cominciavano a tingersi di nero alle punte, non fu offerto altro che la sua stessa lacerante ed atroce solitudine.
Non fu la superbia ad abbatterlo, ma la disperazione. Lucifer os? creare imitando il suo stesso creatore, nell’unico modo che gli era concesso. Foggi? rabbia, gelosia, sofferenza e abbandono nell’unica forma che aveva amato oltre al creatore: una donna, anzi, un angelo femminile, con dodici nere ali, oscure come l’anima dalla quale era sorta. Lucifer l’aveva creata strappando parte di s? stesso…ed ora era incompleto. Era divenuto maschio.
La nascita di Nihilel, “Il nulla che splende”, la nuova creatura, fu la disfatta di Lucifer. Ogni equilibrio ne fu sconvolto: Lucifer dimentic? il creatore che l’aveva abbandonato ed am? la nuova creatura pi? della vita stessa, ma Nihilel non poteva ricambiare il suo affetto disperato. Era nata dall’ombra che l’aveva tormentato e non era in grado di provare altro che tutto ci? che egli stesso aveva rifiutato...odio…non era che odio vivente ed incarnato. Attorno a lei il paradiso terrestre cominci? a corrompersi ed il creatore decise di distruggerla, e di punire quel primo angelo ribelle ed ormai imperfetto.
Costrinse Lucifer ad annientarla con le sue stesse mani.
L’angelo obbed?, mente gelide lacrime di dolorosa rabbia inondavano il suo perfetto volto d’avorio. Con il cuore a pezzi, distrusse quell’essere dalle dodici nere ali. Poi, lasci? che la furia prendesse il sopravvento. Non gl’importava pi? di nient’altro. Si ribell?, sperando di procurare al creatore la stessa atroce sofferenza che aveva provato egli stesso nello strappare l’anima all’essere che aveva amato pi? del suo stesso cuore. Che lo distruggesse, come lui aveva annientato Nihilel! L’angelo dalle ali nere andava in pezzi di fronte ai suoi occhi, scomponendosi in una miriade di frammenti oscuri, che caddero sulla terra…semi di discordia e disperazione che sarebbero germogliati a lungo sulla terra. Il cuore di Lucifer si spezz?, con un gemito che risuon? a lungo tra i cieli, quando dalla fine polvere nera si stacc? una chiara stella che and? a perdersi fra l’umana stupidit?… Nihilel aveva posseduto una propria anima…un proprio spirito…anche se accecato dall’odio…e nell’ultimo istante s’era liberato, levando quella luce che Lucifer aveva da tempo smarrito, scintillando di quel sentimento d’amore, seppur disperato e insanguinato, che l’angelo decaduto aveva infuso nella sua creatura.
Lucifer lev? accusatori occhi di ghiaccio sul creatore… i cieli non erano pi? posto per lui…non se met? della sua anima brancolava ciecamente tra i mortali. Sollev? il mento con aria di sfida, mentre le sue dodici lucenti ali si sfaldavano in miriadi di stelle cadenti… giur? a s? stesso che non le avrebbe mai pi? portate, finch? non avesse ritrovato Nihilel… ed ora che il creatore lo rendesse umano e lo lasciasse camminare tra le mortali anime, se era ci? che desiderava da lui.”
Il giovane fece una pausa: i capelli argentei gli sfioravano le spalle nude, mentre la camicia asciugava appesa vicino alle vive fiamme del camino, attrici d’una loro attorta storia tra le pietre del focolare, musiche del loro destino legato ad un effimero ceppo, la cui luce si sarebbe presto consumata, lasciando nient’altro che grigia cenere e il segreto del loro canto.
“Lucifer scese tra i mortali, portando impresso a fuoco tra le scapole il marchio rovente delle sue ali perdute, in un impeto di furia cieca e disperata. Si sentiva svuotato, spezzato. Distrutto. Non gli restava pi? nulla di quel che era stato. Respirare era per lui immane fatica e fitte di dolore gli attraversavano il torace, lancinanti. La sua marmorea pelle mandava spasmi atroci, arsa dal sole, sferzata dal vento gelido, e la pioggia aveva cominciato a cadere violenta e incessante, lasciandolo tremante di freddo. Il dolore del suo spirito lacerato e quello del suo nuovo corpo fisico si fusero in una sorda ondata d’indistinguibile sofferenza… e di senso di colpa. Tanto profonda era la sua oscurit?, da cambiare cos? smisuratamente il mondo? La rabbia e la gelosia lo avevano roso per troppo tempo. Prov? un moto di repulsione verso s? stesso…
Nihilel… dov’era? Sarebbe vissuto solo per trovarla... era la sua unica ragione di vita…Aveva trovato la tenebra da cui era nata…avrebbe trovato la sua luce.
Poi d’improvviso cap?. Comprese la nuova natura di Nihilel: come la sua oscurit? aveva dannato il mondo, l’amore e la luce pi? profonda di lei ne erano divenute la salvezza.
Tra le tenebre una luce avrebbe sempre brillato e l’uomo avrebbe sempre lottato per conquistarla.
Assieme ai tormenti del mondo, Lucifer aveva offerto all’uomo l’unica arma per combatterli. La speranza. Si alz?, sfidando la crudelt? del mondo con sguardo fiero…aveva trovato la sua luce.”
Il giovane lasci? che la musica morisse in un’ultima dolcissima nota, leggera come le piume d’un angelo, tanto aerea da sfiorare le pareti della stanza con una tenera carezza…aveva smesso di piovere. Il giovane sollev? gli occhi, tanto scintillanti da sembrare colmi di lacrime, ma non stava piangendo. Il suo sorriso, triste ma sorprendentemente caldo, mi giunse dritto al cuore, cacciando le ombre a cui ero sfuggita tanto a lungo e tanto inutilmente con la rassegnazione d’una preda gi? uccisa. Mi sfior? la guancia e le sue dita, fresche come acqua di sorgente, mi trasmisero una sensazione d’indescrivibile delicatezza, poi si alz? e senza produrre alcun suono prese il mantello e si diresse verso la porta. Mentre l’apriva disse: “Giovane e bellissima signora… la speranza non ? mai perduta. Per ogni ombra esiste una luce… qualcuno sta ancora cercando la sua.. ma prima o poi l'incontrer?… sa che esiste…e sa che lo aspetta da qualche parte…” e mentre si gettava il mantello sulle spalle il vento lo sollev?, scoprendogli la schiena. Sulla pelle d’avorio spiccavano due lunghe cicatrici sbiadite, verticali… come ali recise. A quella vista sussultai… e fu come se un bambino avesse infranto con un sasso il mio io di cristallo… tutto quello in cui avevo creduto fino a quel momento croll? come un castello di sabbia. Precipitai in una spirale d’oscurit? venata di sangue rosso e nere piume d’angelo.
Ali … nere… le avevo portate anch’io un tempo…
I miei occhi sbiadirono dal nero all’oro e avvertii distintamente il lacerarsi del lino, mentre dodici nere ali squarciavano la stoffa…
Lo vidi voltarsi di scatto… “Nihilel…”
“Lucifer…”
Avevo ritrovato me stessa… avevo ritrovato la mia luce. Lucifer aveva ritrovato le sue bianche ali e la sua speranza…



Si ringrazia Scrivi.com per aver pubblicato questo racconto.
Rodrigo
15/10/2005 05:59:13
beh allra io vi regalo questo...

Una notte qualunque

Nella fredda notte del cimitero non si udiva nessun rumore; anche le cicale, quella sera, sembravano morte. La notte si fece pi? buia di quanto si possa immaginare.
"E' il buio perfetto, l'oscurita' assoluta e implacabile!- Penso' il bizzarro
individuo seduto al fianco della tomba di Mazzini- Mi sembra d'essere
tornato tra le braccia di mia madre, anche se non mi ricordo chi fosse mia
madre e ho il vago sospetto d averla uccisa! Mah in fondo..."Interruppe il
fluire dei suoi pensieri quando lo scalpitare di alcuni passi lo disturbo'
al punto tale che nemmeno si ricordava pi? il suo nome!
"Chi e'?"Urlo' tenendosi nell'ombra
A pochi metri da lui c'era una donna, sola e dall'aria scocciata. Noto' che
assomigliava tantissimo a una certa Nefertiti anche se proprio non riusciva
a capire come quel pensiero gli fosse venuto in mente.
La donna continuo' a camminare sinche', una volta giunta davanti al
nascondiglio d'ombra in cui si era rifugiato, disse:
"Ci sei Azariel?"
Lui usci' dalle ombre e mostro' la sua pelle putrefatta e le sue ossa esposte:
"Chi sei tu? E come fai a conoscere uno dei miei nomi?"
"Ci conosciamo!"
Dovette fare uno sforzo enorme per ricordarsi di quella donna, che non era
certamente Nefertiti, ma alla fine la riconobbe.
"Ah sei tu?"
"E gia'!"
"Cosa vuoi?"
La donna non rispose ma , frugando nelle tasche della giacca di pelle
viola,gli pose un sacchettino pieno di polvere.
"E io cosa dovrei farci con questo?"
"Pensavo che potessi seppellirlo.... sai era un mio amico e mi piacerebbe seavesse una sepoltura decente!"
"Va bene, per questa volta lo faccio io! Lo mettero' insieme agli altri!"
"Grazie!La tua ricompensa e' legata a quell'albero la' in fondo!Ciao Azariel,ci vediamo!"
Mentre la donna se ne andava lui si mise il sacchetto in tasca e lo porto' in
un piccolo orto nascosto da alcuni grandi cipressi. Con una piedata sposto'
una zolla di terra e lancio' dentro il sacchettino , dopodiche' lo ricopri'.
"E pensare che si fanno chiamare non-morti-Sorrise tra se e se- ma in questocampo ce ne sono almeno altri tre!"
Continuando a sorridere, per quanto possa farlo un essere senza bocca, ando'verso la ricompensa.
"Saranno anche dei sentimentali- disse- pero' in gusto non li batte nessuno!"
Dopodiche' fece uscire le zanne e inizio' a bere.
Rebecca
01/11/2005 18:58:36
Il Racconto d'Inverno...

Torn? a farle visita anche quella notte, come tutte le notti.
Si avvicin? al letto, sent? il suo respiro lento e regolare, un sussurro che ? appena percettibile per gli umani, ma che per Loro ? perfettamente udibile anche a molta distanza.
Lui le si avvicin? piano per non disturbarla, e con un gesto leggero le pos? una mano sulla nuca, accarezzandole i folti capelli neri che aveva sparsi disordinatamente sul cuscino?
Le sussurr? dolci parole nell'orecchio, con la Sua voce calda e profonda, le promise che sarebbero stati sempre insieme, che non si sarebbero mai divisi, per l'eternit?...
La ragazza si svegli? nel suo letto.
Aveva ancora fatto quel sogno assurdo.
Si alz? per andare a chiudere la finestra aperta nottetempo dal vento.
Faceva freddo, cos? si apprest? a ritornare sotto le coperte: attravers? il corridoio che separava la finestra dal letto con la strana sensazione di essere osservata, dopodich? si infil? sotto le coperte.
Stava per riprendere sonno, quando sent? del vento freddo permearla fino alle ossa; sbarr? gli occhi e si gir? verso la finestra, ma era chiusa...
Rigir? il viso e, sul cuscino davanti a lei, era adagiata una rosa nera: la profondit? del nero si distingueva dal buio della notte: era intenso, innaturale. Impaurita, la ragazza accese tutte le luci, controllando ogni singolo anfratto della casa, ma non c'era nessuno oltre lei, e nulla era fuori posto.
Torn? a letto e prese la rosa nera; la osserv? girandola, ma si punse con una delle sue spine: dal dito ferito usc? una lacrima di sangue rosso, che si apprest? a pulire con un lembo del lenzuolo.
Un po' impaurita, si rannicchi? fra le lenzuola coprendosi fin sopra la testa, lasciando scoperto solo parte del viso per respirare.
Lui la guard? riprendere sonno.
Lei non l'aveva visto, non poteva: si muoveva troppo veloce per lei.
Continu? a guardarla mentre Lui si avvicinava alla finestra, dopo quel fugace incontro; prima di andare, si gir? nuovamente verso di lei: sapeva che quella era l'ultima volta che si vedevano.
Sospir?.
Apr? la finestra.
Si butt?.
Non poteva morire.
Era condannato a vivere in eterno, a pensare a lei in eterno, pur sapendo che lei non avrebbe mai neanche saputo della Sua esistenza.
Cos?, fra i palazzi che si stagliavano nel nero della notte, correva; pass? in mezzo alla gente che non poteva, non doveva vederlo?
Era solo in quella fredda notte d'inverno; l'aria passava veloce attraverso i Suoi lunghi capelli neri, mentre camminava tra la gente: come erano precarie le loro vite, cos? brevi.
Guardavano le vetrine, parlavano, litigavano per futilit?, e non si accorgevano, non pensavano a quanto il tempo passa veloce e porta via la vita come il vento trascina una vecchia foglia secca di un giardino spoglio.
Passando fra le persone not? la luce accesa in una casa: stranamente, qualcuno era ancora sveglio a quell'ora della notte.
Si avvicin? ad essa e li vi scorse una giovane ragazza: avr? avuto diciotto anni, pi? o meno, e scriveva su un piccolo foglio sgualcito, con tanta foga che suscit? la Sua curiosit?.
Entr? nella piccola stanzina e lesse sul foglio ci? che la ragazza scriveva: rimase stupito.
Era la sua storia, la storia di quella medesima sera, del suo amore.
Distolse lo sguardo dal racconto e fiss? la ragazza che, accortasi dell'uomo, smise di scrivere e lo fiss?: all'inizio era stupito del fatto che quella ragazza potesse vederlo, ma i Suoi lineamenti si rilassarono quasi subito, mentre lei lo scrutava con stupore, scoprendo che ci? che aveva scritto era reale.
Dopo un po' che si guardarono lei pos? la penna sul tavolo, pieg? il foglietto e glielo diede, dicendogli: - Questa ? solo una piccola parte della tua eterna vita e di quella di lei, ma in questo racconto sarete uniti per sempre.-
Lui sorrise, la baci? e usc? dalla stanza, sparendo tra la folla e il buio di quella fredda notte d'inverno.
Rebecca
08/11/2005 19:46:39
Sogno perfetto...

Sono morta tra i pensieri pi? profondi, tra la musica pi? tetra; in un cimitero che guardavo senza piu neanche una minima speranza, la luce che poteva uccidermi non la osservavo stavo in un angolo mentre mille spiriti passavano irrequieti, anime solitarie vivono la morte come un dolce incubo che uccide dentro...
Un vampiro, con un anima persa gira nel vuoto, illuso, straziato cerca quello che neanche sa; continua sempre a camminare e si riposa in un luogo buio desolato dal resto dell'umanit?, dorme, dorme per sempre e la sua mente giace nel misero inferno...
Suoni di campane vivono nel cielo, grida di fantasmi morti nella nostra vita, infestano la notte...
Lui mi cercava nell'assoluto buio, il vento poteva asciugare le sue lacrime, correva tra la nebbia ed il suo cuore, ormai perso, mi apparteneva...
Io dormivo mentre il mio sangue sgorgava nelle vene e lui ne assaggiava il sapore, beveva s'impossessava del mio essere, mi fece diventare il suo oscuro angelo dal volto coperto, senza un'anima e senza un cuore, le sue mani graffiavano ogni carne e ogni sguardo...
La sua tomba lo aspettava, io guardavo da lontano, sarebbe stato anche il mio destino ormai...?
Il vento si faceva sempre pi? gelido i suoi capelli neri si lasciavano perdere nel corso del tempo mentre la dea nera pronunciava oscure parole lei, invocava la sua preghiera alle tenebre...
Camminerai nuda sulla mia tomba mentre mille petali di rose bianche ti scivoleranno tra il corpo, verso la tua morte il tuo corpo ? ora mio, per poco ormai...
E morente, e sanguinante: cade sulla lapide, i petali sono colorati ora dal suo sangue, ora noi, esseri brutali della notte, lo berremo mentre trafiggeremo, con i nostri artigli, i piccoli segni di un sogno perfetto...!
Rebecca
14/11/2005 18:09:28
I vissuti: I sette nomi di me vassallo


Chiedete di me in tutta Monaco e vi risponderanno e scoprirete di me che sono lo scemo del villaggio. Ma se dico che mento, e in ci? dico il vero, mento o dico la verit??
Io sono il matto, il personaggio del paese e quello di cui i giovani parlano e scherzano, quando li incontro salutano per vedere se rispondo ed io rispondo, e loro han qualcosa da raccontare. Sono il termine il paradigma per ognuno voglia farsi matto in questo buco, cos? mi han disegnato e forse non ? solo per quel che faccio, ho una libreria in un quartiere dove niuno pare avere le elementari, ma anche perch? leggo, perch? vivo con mia madre ed ho tanti anni ed un lavoro in pi? di quelli che stanno con le madri; e sopra tutto perch? non mi vergogno come gli altri a dire che io ci parlo con mia madre, ogni sera e qualche notte e forse anche di giorno per i casi eccezionali, anche se ora non ricordo quante volte mi ? successo.
Anni fa per esempio ritornavo a casa che era sera tardi, il sole era tramontato ma era inverno, non so dire che ora era perch? non porto l'orologio e a me non interessa poi saperlo. Quella sera avevo finito di leggere il mio libro preferito, il Lovecraft proibito e tornavo a casa tutto contento. Leggo sempre in bottega (l'ho gi? detto?), e sulla porta ho attaccato un campanello che mi avverte quando entra qualcuno, poich? dal mio posto non si vede. Non ho orari di chiusura ed avevo chiuso tardi quella sera perch? davvero interessava leggere la fine, compiere il circolo almeno nella testa e per le strade immaginavo avere a fronte quell'altare, i pilastri eretti e contrassegnati e il coltello gi? finito, con il sangue sulla lama rappreso.
Uao! Se davvero funzionava avrebbero smesso davvero di chiamarmi tutti matto. Ma allora no, forse non avrebbe funzionato perch? gli dei deridono quando ad uno tu metti le etichette, non scoraggiano. Insomma, ero sulla porta della casa e senza bocca salutavo mamma, era morta s? da poco e stavo male senza lei, chiavi in mano nella toppa ed io entravo come per accendere la luce.
Non andava. Poco male, sarebbe occorsa una fiammella ed avevo gi? le dita sullo zippo che mia madre mi ferm? dietro la testa, odorai allora il gas del fornello che andava a pieno ritmo. Lo spensi dopo aver aperto le finestre, e finalmente (avevo preso tante botte negli stinchi!) poi raggiunsi la lampadina che doveva essersi fulminata e la riavvitai, da come si era allentata, (cambiare una lampadina non ? difficile sapete? Una volta che hai imparato il verso basta avere uno sgabello sottomano perch? non sono poi cos? alto e salirvici sopra, ed avvitare una lampadina nuova per il verso che hai imparato), poi mi preparai da mangiare.
Capite cosa intendo io per matto? Uno che ringrazia in pubblico la sua madre perch? dall'alto, lo ha salvato.
Ci son voluti giorni per trovare il guasto ai fornelli, dopo settimane fu libero l'operaio di venire e mi prese anche una bella somma, dopo aver dato con una chiave due giri in pi? dei miei. La gran parte dei soldi per la strada. Due settimane al freddo che ero stato, ed anzi, la seconda portai pure un materasso in bottega e l? restai a dormire. Non lessi mai altrettanti libri ed ebbi quasi sempre la voce di mia madre con cui parlare. E la ringraziavo ogni volta mi trovava. Ho una libreria dicevo, e leggo molto anche perch? sono l'unico che lo fa qui in paese, devo anche compensare quel che gli altri ignorano e non state l? a pensare: vivo bene ed ho i soldi di mia madre, l'invalidit? del babbo e qualche volta faccio affari per telefono, grossi affari con curiosi ed inesperti, qualche volta entrano i turisti e pochi comprano, mai nessuno mi ha minacciato, o indagato sulla morte dei miei genitori. Loro, semplicemente, non sono mai morti, e non sgranate gli occhi che siamo in Italia, tutto accade, il paese ? uno piccolo, isolato, pochi amici ed a volte penso siano i boschi la citt?, mentre noi, un suo quartiere strampalato detto Monaco. Non come il caro principato, piuttosto la Baviera, quella immersa nella birra dei selvaggi.
Siete sorpresi? Non volevo ingannarvi ma pensavo di attrarre la vostra attenzione facendo credere di essere di mondo, altrimenti molti sarebbero fuggiti e non avrebbero sentito quel che devo dire, la cosa pi? importante, e per farmi perdonare ora vi racconto quello per cui sono qui, per filo e per segno e speriamo che nessuno interrompa, anche se non credo. Non ? stagione di turisti e di consegne gira fiacca, gli unici che vengono sono i bimbi con i loro amici, che mi vogliono infastidire. Entrano, li sento ma non li vedo come ho detto e poco dopo loro escono rubandomi un libro, e vociando il mio nome. Per la strada sono allegri ma io aspetto e non mi alzo, continuo sempre a leggere anche se fra me perch? quel che hanno rubato non costa nulla in denaro, i libri pi? preziosi li tengo sotto il banco, e porta loro solo una scarica di ceffoni dai genitori quando scoprono quel che hanno preso.
Leggo e vendo cose brutte, cose di demoni dicono loro, ma non capiscono quel che sono questi libri, ed io quasi apposta scelsi questo tema anni or sono. Seguii quel che disse un giorno il padre, e nel lavoro, mi specializzai nell'occulto, e restai dove Occulto tiene ognuno nell'ignoranza.
? un paesino piccolo il mio, sapete, attorniato dai rami e dai tronchi quanto basta per renderlo un'enclave. Poche persone vivono ancora fra questi monti, ed ? quel genere di gente che la sera resta al fuoco a far la maglia, si stringe lo scialle nero sulle spalle prima di dormire e la mattina li alza il gallo, il loro gallo, prima che le pecore tornino a belare. Roba da macchina del tempo insomma, e come una volta i vecchi raccontano ai bambini (un gruppo di zotici furfanti anche simpatici, tutto il giorno a fare nulla e la mattina in sogno dentro a scuola, agili come gatti ad andare fra le querce e gi? robusti pure ancora in bocca il latte, che sorridono, quasi quasi gli vuoi bene , e poi te la combinano) i vecchi credono a quel che raccontano ai bambini, e raccontano leggende ambientate nei dintorni, fra i sentieri percorsi durante il giorno e quelle storie della notte li atterriscono ogni sera, spaventano i bambini.
Una notte ero a casa ed in mezzo al vetro ho visto il volto di chi evocavo. Come il taglialegna che ha subito un torto, non so quale, ed ha preso accetta e sega anni anni fa, (e si parla di tanto tempo, numeri a tre cifre e non poi bassi), e si ? perso nel bosco, ed allora nessuno l'ha pi? cercato.
Lo si sente ogni tanto , ululare, coi lupi; cose strane, ? vero, e se qualcuno ci pu? credere penso io a stroncare la fantasia dicendo che nulla ? possibile di quello che si dice. Non esistono questi spiriti fra i boschi e questo perch? ci sono io molte sere fra i boschi a camminare, e nessuno mai ha sentito un suo lamento. Non ci sono neanche i fuochi di sant'Elmo da queste parti! Ma ci crede a questo la gente, alle sue storielle ? superstiziosa perch? in fondo sono tutti pazzi in questo posto. ? come quello scherzo della stanza degli specchi che fa impazzire chi ci vive, ? proprio questo il caso perch?, come enclave qui, ognuno ? un po' lo specchio dell'altro e la reclusione ci fa vivere simbionti, a poco a poco sempre pi? la stessa cosa.
Ho sempre pensato che un giorno questa diverr? una comunit? fantasma. Par che il mondo, come il mare, resti fermo metri sotto e neanche pi? la vita si muove oramai, ? un lento incedere al tempo in cui chi se ne deve andare finalmente partir?, chi resta rester? a morire ed un giorno un turista (magari straniero) verr? a chiedere cosa fanno quelle case sul costone, ma nessuno avr? risposta: - Il sindaco ha fatto chiudere le strade e nessuno va pi? lass?. Se qualcuno avr? il coraggio di arrivare, trover? gli asfalti vuoti e tutte le porte aperte, le case senza soldi che qui nessuno ne ha bisogno e magari la cucina apparecchiata, scarafaggi sugli avanzi, nessun segno di una vita od uno scheletro a sua conferma. Perch? tutti, un giorno, saremo stati visitati da quel vecchio taglialegna, e l'avremo inseguito fra i boschi intonando coi lupi e gli spiriti senza Ade. Anche io, perch? da qui non mi muovo.
Forse, quel turista, quel giorno rinverr? i miei libri e ne far? sorriso, oppure sceglier? di usarli. In questo caso spero segua la mia stessa sorte.
Vanno raccontando degli spiriti che si aggirano di notte, temono e ci credono ma non capiscono quel che vendo, non vogliono sapere cosa leggo ed anzi mi additano, al bar non posso pi? neppure prendere un caff? e se fossero pi? giovani, di certo rischierei la vita ma sono loro a non capire, loro ad essere ancor pi? savi di me, che sono folle, perch? a parafrasare un illustre stereotipo "chi ? pazzo sta solo al medio infra l'uomo ed il genio".
Una volta, ad una coppia che stava entrando nel negozio una vecchia seduta al sole url? di andarsene, e pregare Dio perch? qui da me albergava un patto col suo angelo, il suo angelo peggiore. Dissi a quei due foresti di non temere, che il mio era solo un interesse professionale e diedi loro un saggio sull'amore e le sue pozioni, ne furono contenti ed io pagato. Avevo mentito.
Non ? l'interesse che mi spinge a leggere e pregare, ma si pu? solo nominare "fame di paura": quella voglia di sentire le spalle in ansia ed un formicolo per la schiena, quando ? buio e c'? silenzio, che ti cade fino ai glutei e fa partire la tua corsa. Poi correvo, una volta letti i sacrifici, io correvo via e magari per calmarmi pensavo a quel tagliaboschi fatto spirito, fosse servo lui del male o del bene, ma tornavo a quei testi come una droga e li leggevo, li spulciavo, cercavo ancora. Ecco perch? la notte, dopo la morte di mia madre, solevo andarmene pei boschi in cerca dei miei demoni. Con preghiere a Lui Laggi?.
Non so per cosa sia stato fatto il giorno, ma vi giuro, la notte esiste perch? venga il Male. E quelle notti a Monaco per i suoi boschi, erano di una bellezza che solo un principe di quelle tenebre poteva immaginare. Non c'era mai pesto nero perch? le luci della citt? diffondevano anche qui qualche loro raggio, con gli occhi abituati si poteva camminare e prestare un po' d'attenzione, anche se mancava la luna, ed era come a teatro buio in palco e luci sulla sala. Perch? quando lei regina usciva dalle nuvole, tonda di latte, anche solo per una breccia, e colorava i cirri delle nubi e cadeva a terra che quasi erano una pioggia di comete, sparivano le dimensioni e quello che toccava era bianco e nero, il pi? semplice possibile, io calavo ancora pi? nel buio e la sfidavo a starmi dietro, lei ed i suoi strali mi inseguivano per vedermi ed io non toccavo arbusti nella corsa, non volevo destare alcun rumore mentre attorno compariva tutto quello che all'uomo, o al suo medio pazzo, ? recluso e lumi degli spiriti si accendevano e degli occhi mi osservavano, erano calati i lupi e nei loro branchi ritornati dai rifugi uscivano ad intonare il ballo su cui muovevo, non pi? inseguito ma inseguendo quasi il suono di due zoccoli nel fango e le pupille come fessure, un lungo silenzio come fra due amanti, ed il passo di chi danza, danzare col Demonio...
Mardoc
29/11/2005 18:06:18
IL PELUCHE

A volte i notte mi piace girare un po' per la citt?, in mezzo alle strade pi? trafficate, per le vie principale nel periodo prima di Natale, vedo tutta la gente che indossa buffi cappotti, pellicce, le cui parole disegnano in aria nuvolette per il freddo, che si sfregano le mani le une sulle altre, ridendo, pensando al cenone, ai regali, alla magia del Natale. E non sanno niente. Non sanno che c'? un'altra faccia del mondo, una pi? scura, pi? segreta, che hanno visto solo nei loro incubi peggiori. Me ne sto in disparte, appoggiato ad una colonna, magari sotto i portici, a guardare la gente che passa, una donna, un bambino, un anziano con un bastone, un ragazzo che parla al cellulare, tutta gente comune, e io sto l?, a guardarli. Potrebbero essere le prossime vittime, vittime di qualcosa pi? grande di loro, vittime di qualcuno a cui non importa se dopo il pasto la sua preda viva o muoia. Provo ribrezzo, un brivido come di freddo lungo la schiena, ma che so bene freddo non pu? essere. Ogni tanto qualcuno si accorge che lo sto guardando, e allora nascondo il mio sguardo sotto il cappello, come facevo da ragazzo, come facevo da vivo. Auto che corrono, luci dei negozi e degli addobbi, tutto sembra andare pi? veloce per un istante, e contemporaneamente fermarsi, improvvisamente vedo il mondo con altri occhi, niente pi? rumori, solo un fruscio lontano, i miei sensi si amplificano come d'istinto, e vedo nel prossimo vicolo scomparire una donna, presa di forza, sento un respiro affannoso provenire da dietro quella svolta, non posso fare altro che seguire il mio istinto...devo vedere...capire...c'? qualcosa di strano, di troppo strano...sento odore di animale, forse di orso, forse pi? intenso. Quando giro l'angolo vedo una borsetta sull'asfalto, e una macchia di sangue sulla parete. Non c'? pi? nessuno nelle vicinanze, non c'? pi? nessuno di vivo. Mi fermo a contemplare l'orrenda macchia di sangue che sporca la parete, la sfioro, e vedo quello che ? successo solo un attimo prima, l'ultimo pensiero della giovane donna: voleva portare un regalo al figlio di 3anni, era in ospedale, si era rotto una gamba, nulla di grave, ma non riusciva a dormire senza il suo orsacchiotto, e la madre premurosa non poteva che accontentarlo...ma ormai le mani della madre non potevano pi? porgere il dono al figliolo, qualcosa di brutale non glielo permise. Raccolsi la borsetta da terra e con stupore vi trovai il peluche. Qualche minuto dopo entravo in una stanza d'ospedale dove un bambino di tre anni dormiva tranquillo su un fianco, non sapeva nulla di quello che era accaduto poco prima, non poteva saperlo. Adagiai dolcemente l'orsacchiotto sul cuscino, lo guardai per un istante, era cos? innocente, lo accarezzai sulla fronte come per rassicurarlo, mi allontanai osservandolo ancora un po' da lontano,poi uscii dalla stanza e dall'ospedale senza incontrare difficolt?. Una volta in strada mi guardai intorno e vidi il mondo che mi circondava in tutta la sua brutalit?, ingiustizia e crudelt?, aprii le braccia e lanciai un urlo al mondo, a Dio, a Caino e alle forze tutte della natura e del destino di questo universo, i miei occhi non brillavano di lacrime, ma la mia anima ne era piena, l'urlo dur? pochi secondi, le poche persone che passavano in quel momento si fermarono e le sentii definirmi pazzo. Non mi importa dei loro giudizi, dissi tra me e me, ma nascosi il mio sguardo sotto il cappello, come facevo da ragazzo, come facevo da vivo.

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